Il testo che segue è stato scritto nel 2000 su invito di Rossana Rummo, allora alla Direzione Generale dello Spettacolo al Ministero dei Beni Culturali.

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Note sulla promozione della musica contemporanea in Italia


1. Considerazioni generali

Parto da una considerazione banale: una persona intellettualmente curiosa ma senza una preparazione specifica acquista volentieri un libro o un disco appena usciti, segue teatro e cinema, va ai concerti, visita le mostre ed è generalmente abbastanza informata sull’attività culturale della propria città, ma molto difficilmente ascolta musica contemporanea. Perché?

La risposta in fondo è molto semplice: ogni espressione artistica ha la sua storia, e così la musica. Se non conosciamo il cammino svolto dalla musica nel corso della sua storia non possiamo capire, giudicare e amare quella di oggi. E purtroppo l’educazione musicale non specialistica in Italia è nota per la sua tragica inadeguatezza.

Tuttavia non si tratta solo di un problema di mancanza di offerta educativa o di impreparazione del pubblico: infatti è ormai chiaro che nella seconda metà del Novecento le scelte eccessivamente astratte ed elitarie di gran parte delle avanguardie musicali hanno allontanato dalla musica contemporanea la maggioranza del pubblico e reso indifferente un’altra grande parte, rompendo di fatto il circuito della comunicazione tra compositori e ascoltatori, e privando la creazione musicale di uno strumento importantissimo di confronto, controllo e orientamento. In una parola, si è indebolita enormemente la funzione sociale del compositore, la sua necessità all’interno di una vita musicale attiva, mentre questo ruolo è stato gradualmente ricoperto dalle varie forme di musica “popolare”.

La musica che si scrive oggi ha senz’altro superato l’eccessiva confusione dei linguaggi e lo sperimentalismo fine a se stesso del secondo Novecento, ma la frattura con il pubblico è stata talmente forte che un suo riavvicinamento potrà avvenire solo se esso sarà guidato e aiutato con grande energia.

In questo quadro è comprensibile come qualsiasi aiuto ministeriale rivolto alla promozione della musica contemporanea sarà mal diretto se non si rivolgerà prima di tutto a formare il pubblico e a rivoluzionare il sistema delle sovvenzioni come si è protratto fino ad oggi. L’obiettivo è quello di creare le condizioni per una vita musicale dinamica e, dopo alcuni anni, capace di regolarsi autonomamente. E’ indubbio, però, che per un certo periodo sarà necessario guidarla e dirigerla: a differenza del passato, sarà opportuno schierarsi introducendo criteri di valutazione soggettiva, naturalmente ispirati alla qualità delle offerte proposte. Ciò porterà ad una provvidenziale riduzione del numero degli enti che beneficiano dei contributi ministeriali, e, di conseguenza, ad una maggiore entità delle singole sovvenzioni. Al tempo stesso sarà necessaria un’azione concertata con il Ministero della Pubblica Istruzione e, dopo la riforma dei Conservatori, con quello dell’Università, per fare del miglioramento dell’educazione musicale di base fin dai primi anni dell’infanzia, a scuola e fuori, la priorità assoluta.

Orientamenti simili sono fortunatamente emersi nei lavori della VII Commissione al Senato di cui è relatrice l’On. Manieri. Naturalmente anche lo studio di esperienze simili in altri paesi può dare delle idee preziose, e l’esempio europeo da cui trarre oggi maggiori insegnamenti mi sembra quello inglese.

Come è noto contribuiscono ad una vita musicale attiva diverse componenti: la formazione (sia di base che professionale), la creazione (i compositori), la produzione (teatri, istituzioni concertistiche, case editrici e discografiche) e naturalmente il pubblico. L’aspetto che mi sembra più preoccupante nella vita musicale italiana è la mancanza di integrazione tra queste diverse componenti: ciascuna di esse segue il suo cammino autonomo, interagendo con le altre solo occasionalmente e spesso casualmente. E’ ovvio che in una situazione del genere sia necessario prendere posizione, anche in modo forte, per integrare le diverse componenti.

Un esempio fra tanti: le sovvenzioni, anche importanti, che vengono rivolte solo all’ultimo anello della catena, le prime esecuzioni di nuova musica, non sono efficaci e ottengono spesso un effetto contrario a quello desiderato. Incentivare solo le prime esecuzioni è un po’ come finanziare un film e distribuirlo solo per una sera. E’ necessario invece favorire lo sviluppo di un repertorio contemporaneo, richiedendo che le opere nuove vengano rieseguite almeno un certo numero di volte entro i 12 mesi successivi alla prima esecuzione, naturalmente in luoghi diversi. Creando dei pool, delle reti di teatri in varie parti d’Italia le opere avrebbero una maggiore visibilità, e – come è auspicabile nel caso dei lavori più validi – potrebbero ambire successivamente a vita autonoma entrando a far parte del repertorio.

2. Giovani compositori
Tenendo conto delle considerazioni esposte più sopra, e quindi della necessità di una stretta collaborazione tra Ministero dei Beni Culturali e Ministero dell’Università, uno degli obiettivi più importanti da perseguire è la creazione di un legame forte tra scuola, conservatori e istituzioni musicali presenti nella stessa città.

1. commissioni
Nuove opere potrebbero essere commissionate ai migliori studenti iscritti all’ultimo anno dei corsi di composizione nei vari Conservatori, da far eseguire all’orchestra o a gruppi di strumentisti appartenenti allo stesso Conservatorio; i migliori diplomati in composizione, invece, potrebbero ricevere delle commissioni retribuite e con garanzia dell’esecuzione da parte di gruppi od orchestre professionali della città nell’ambito della loro consueta programmazione concertistica.

2. concorsi di composizione
In Italia oggi si contano più di 50 concorsi di composizione all’anno, di cui molti riservati ai giovani. Non so quanti di essi beneficino direttamente di sovvenzioni ministeriali, ma il loro numero è sicuramente eccessivo. Sarebbe di gran lunga più utile e preferibile avere meno concorsi, con premi più consistenti, maggiori garanzie di qualità nell’organizzazione e una maggiore visibilità dei lavori premiati.

3. residenze presso orchestre o teatri
Si tratta di una formula estremamente interessante, molto comune in altri paesi (composer in residence), e applicata solo saltuariamente in Italia. In pratica si dà l’opportunità a un giovane compositore di risiedere per un periodo di tre-sei mesi presso un’orchestra o un teatro, con il duplice scopo di scrivere un’opera per quell’organico e di prendere parte in modo privilegiato alla vita dell’istituzione musicale, ricoprendo vari ruoli durante la preparazione e le prove delle manifestazioni musicali.

4. attività didattica
Come ho già accennato la promozione della musica contemporanea e quindi l’aiuto ai giovani compositori non possono essere disgiunti dall’intervento sulla scuola. Soprattutto oggi, con l’ausilio delle nuove tecnologie elettroniche, è possibile immaginare un rapporto stretto e fecondo tra giovani creatori di musica e pedagogia musicale, come anche la recente istituzione dei “Laboratori musicali” nelle scuole lascia prevedere.

© 2000 Lamberto Coccioli